La trionfale vittoria del Tycoon nelle elezioni americane appena concluse, accende i riflettori sul programma politico che il passato e futuro Presidente degli Stati Uniti intende attuare per rendere di nuovo grande l’America (Make America Great Again, in breve MAGA).

Cominciando a considerare che l’economia statunitense ha goduto di un’ottima salute anche sotto la presidenza del democratico Biden, fra i primi punti che certamente vengono considerati con apprensione a livello di commercio globale e specificamente nei rapporti con la Cina, c’è l’introduzione di nuovi dazi doganali. In particolare Trump mira all’adozione di un sistema per cui, in caso di imposizione da parte di una nazione straniera di una tariffa su un bene americano, gli USA introducano una tariffa di identico ammontare a carico di quel Paese. In questo si discosta dalla tradizione repubblicana, che affonda le proprie radici politiche in teorie liberiste che tendono a favorire il libero mercato, piuttosto che proteggere la produzione interna.

All’aumento dei dazi dovrebbe corrispondere anche una maggiore limitazione delle possibilità di investimento cinesi negli Usa, soprattutto nel campo delle infrastrutture. Solo in futuro si saprà se tali politiche, anche nella misura in cui verranno attuate, possano incidere in senso negativo nei rapporti con Pechino.

Gli altri punti di interesse sono la riduzione dell’aliquota fiscale per le imprese e i grandi patrimoni e il rilancio del settore energetico statunitense. Quest’ultimo, però, viaggerebbe in senso inverso alla transizione energetica. Ciò poiché Trump mira alla rimozione delle normative sulle emissioni nel settore automobilistico, adottate sotto la presidenza Biden, e a un aumento delle trivellazioni per incrementare la produzione di energia da fonti fossili.

Un altro tema caro al neoeletto Presidente è certamente l’inflazione: tra le promesse elettorali c’è quella di “porre fine all’inflazione” e di rendere l’America un paese con dei prezzi “di nuovo accessibili”, anche se le misure già elencate potrebbero andare in senso contrario a tali obiettivi. A tale finalità si riconnette anche il discorso sull’espulsione dei migranti irregolari che distorcerebbero la concorrenza salariale nel mercato interno, provocando un abbassamento generale delle retribuzioni.

Infine, le politiche estere e di difesa adottate potranno avere una grande influenza sull’andamento dell’economia globale. Tra questi, una revisione del ruolo della NATO e la ricostruzione delle forze armate americane, l’eventuale disimpegno sul fronte ucraino e, invece, un maggiore sostegno ad Israele nella guerra medio-orientale. Tutto ciò senza contare eventuali frizioni con la Cina per la questione di Taiwan.

E se si vuole dare uno sguardo ai progetti futuristici di Trump, basti pensare alla proposta di bando di un concorso per costruire dieci “Freedom Cities”, cioè nuove città libere volte a creare numerosi posti di lavoro e a favorire l’innovazione, garantendo anche un potenziamento del settore dei trasporti mediante lo sviluppo di veicoli a decollo e atterraggio verticale. Una sorta di città di “Ritorno al futuro”, con le macchine volanti, magari prodotte dal suo sponsor principale, cioè Elon Musk. C’è da domandarsi se il Tycoon non si sia ispirato proprio a questa saga per aggiungere un simile punto al suo programma. Difficile dirlo, l’unica certezza è che Biff Tannen di “Ritorno al Futuro 2” nel 1985 alternativo, si ispira proprio a Donald Trump, come dichiarato più volte dallo sceneggiatore, Bob Gale.

Crediti: Photo M. H. – Pixabay

Federica Coscia, Paolo Gambaro

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