Il giudizio stabile sul nostro Paese, confermato nelle scorse settimane da Moody’s, con l’outlook, cioè le prospettive di andamento dell’economia italiana, passato da “negativo” a “stabile”, ha oscurato la notizia per cui, contemporaneamente, il Portogallo – che nel 2011 rischiava il default – ha ricevuto una promozione che ha riportato il suo debito sovrano ben tre classi sopra quello del Bel Paese.
Fino a qualche anno fa, proprio il Portogallo, assieme ad altri Stati dell’Unione Europea, tra i quali Italia, Grecia e Spagna, costituiva una lettera dell’acronimo – coniato dai giornalisti economici anglosassoni – P.I.G.S., che indicava quei Paesi che, a causa di conti pubblici fortemente deficitari, scarsa competitività delle economie nazionali e alti livelli di disoccupazione, rischiavano di non poter ripagare il proprio debito pubblico.
Il termine, chiaramente dispregiativo, che in italiano significa “maiali”, è stato inizialmente usato negli anni Novanta, per poi essere ripreso plurime volte dagli operatori del settore, a livello internazionale, nel corso della crisi del 2008 e con l’aggravarsi delle sue conseguenze su tali Stati, negli anni seguenti. E la situazione del Portogallo era talmente disperata, che il 7 aprile 2011 fu costretto a chiedere aiuto a BCE, Unione europea e Fondo monetario, che intervennero con un pacchetto di salvataggio da 78 miliardi di euro, il terzo “bailout” più grande della storia, se misurato in percentuale del Pil.
La situazione del Portogallo in quel momento era tutt’altro che rosea: il Pil in caduta libera, la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, galoppante, il deficit pubblico salito oltre il 10 per cento, rendevano ormai la situazione fuori controllo. A ciò si aggiungevano le valutazioni negative delle agenzie di rating, che classificavano i titoli di stato lusitani come “spazzatura”, mentre mezzo milione di persone, per lo più giovani, lasciavano il Paese in meno di tre anni, la più grande emigrazione di massa degli ultimi 50 anni di storia del Portogallo.
Eppure, poco più di una settimana fa, Moody’s ha promosso a pieni voti il Paese, che nel tempo ha saputo dimostrare di essere in grado di soddisfare le aspettative degli investitori, grazie ad una politica di austerity con la quale il deficit è stato riportato sotto i livelli di guardia, il debito pubblico è fortemente diminuito, la disoccupazione negli anni è stata dimezzata, il Pil è tornato a crescere stabilmente. Tanto che l’agenzia di rating osserva che «lo shock pandemico ha interrotto solo temporaneamente la riduzione del peso del debito. Una crescita robusta e bilanci sostanzialmente in pareggio fanno sì che il peso del debito continui a diminuire ad uno dei ritmi più rapidi tra le economie avanzate, anche se da livelli elevati». Mentre le prospettive di medio termine del Portogallo – continua Moody’s – sono sostenute «da significativi investimenti pubblici e privati e dall’implementazione di ulteriori riforme strutturali, entrambi legati al Pnrr».
Un buon esempio che fa ben sperare anche nelle capacità di recupero del nostro Paese, spesso gravato dalle stesse problematiche economico-finanziarie che, per tanti anni, hanno afflitto l’economia lusitana.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro