La rotta delle Spezie era un’antica via di comunicazione commerciale che, sin dai tempi più remoti, ha portato spezie ed aromi dai loro paesi d’origine, perlopiù in Estremo Oriente, all’Europa ed all’intero bacino del Mediterraneo.
Oggi il progetto di una Nuova Via Commerciale che unisca i vari Paesi che attraversa, sulle tracce dell’antica via, è contenuto nell’accordo fra India, Medio Oriente ed Europa, scaturito dall’ultimo G20, tenutosi proprio con l’ospitalità e il coordinamento del primo ministro indiano Narendra Modi.
L’India negli ultimi dieci anni ha compiuto passi da gigante in ambito economico, riuscendo in breve tempo a recuperare lo spazio che la divideva dalle maggiori potenze mondiali. Questo grazie alla lungimirante politica dell’attuale primo ministro, che – attraverso una pianificazione strategica a revisione annuale – ha fortemente incentivato gli investimenti dall’estero, per raggiungere l’obiettivo di fare dell’India il primo hub manifatturiero mondiale. I dati degli ultimi tempi hanno dimostrato che questo tipo di politica ha portato grandi risultati: la crescita attesa del PIL è stabilmente sopra il 7%, le esportazioni sono a quota 650 miliardi di dollari, la disoccupazione è ben sotto il 10%, il reddito pro-capite è raddoppiato in dieci anni, si è realizzata una grandissima modernizzazione dei processi produttivi, con oltre 50.000 brevetti nell’ultimo quinquennio e più di 100 start-up ”unicorni”, cioè imprese che raggiungono una valutazione di un miliardo di dollari senza essere quotate in una borsa valori.
Attuato il sorpasso demografico con la Cina, le prospettive di crescita del Pil sono tali che, secondo le stime di Goldman Sachs, l’India diventerà la seconda economia al mondo entro il 2075, sorpassando anche gli Usa. E uno dei tasselli che potranno aiutare questa – parrebbe – irresistibile ascesa è proprio la Via delle Spezie, che fungerà da contraltare alla Via della Seta cinese. Quello siglato nel corso dell’ultimo G20 è un memorandum d’intesa dal valore di 600 miliardi di dollari, che mira a velocizzare – tramite la costruzione di nuove infrastrutture, prime fra tutti, porti e ferrovie – il commercio tra India, Medio Oriente ed Europa, in chiara contrapposizione all’aggressivo espansionismo cinese.
L’obiettivo è che un container, che oggi viaggia da Mumbai all’Europa attraverso il canale di Suez, possa in futuro sbarcare a Dubai e proseguire per ferrovia fino al porto israeliano di Haifa attraversando Emirati, Arabia e Giordania, risparmiando tempo e denaro e tagliando fuori la Cina e la sua Nuova Via della Seta.
Gli Usa naturalmente sostengono l’iniziativa proprio per porre un freno al loro principale concorrente asiatico. I miliardi stanziati col memorandum saranno investiti anche per lo sviluppo delle telecomunicazioni tra i Paesi coinvolti (con nuovi cavi sottomarini) e quello della produzione e trasporto di «idrogeno verde» che aiuterebbe i produttori di petrolio mediorientali a imboccare una svolta storica.
La Nuova Via delle Spezie potrebbe dunque contribuire ad aggravare una situazione di cui la Cina ha visto comparire i primi segnali preoccupanti, anticipatori di una frenata della sua espansione economica mondiale, fra cui rallentamento della crescita del PIL, calo delle esportazioni, aumento della disoccupazione giovanile, bolla del debito immobiliare. Si tratta di verificare se e come Pechino intenderà rispondere a questa nuova sfida e all’insidia che rappresenta per la sua Nuova Via della Seta.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro