Un recente studio pubblicato su una famosa rivista scientifica, National Academy of Sciences, afferma che i soldi facciano la felicità, molto più di quello che non si pensi. A dirlo sono tre studiosi, Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia, Matthew Killingsworth, esperto di studi sulla felicità, e la professoressa e psicologa Barbara Mellers.
Gli studiosi citati partono da assunti diversi. Da un lato Kanheman teorizza la relazione diretta fra felicità e denaro fino a 100 mila euro. Superato questo tetto, le variabili diventano disgiunte e al crescere del reddito non corrisponde un aumento diretto del livello di felicità degli individui. Dall’altro lato Killingsworth nega l’esistenza di questo tetto e parte dal presupposto che all’aumento della ricchezza corrisponda sempre una crescita del livello di felicità. La ricerca ha dato ragione ad entrambi.
Lo studio è stato condotto grazie all’utilizzo di un’app, sviluppata da Killingsworth stesso, chiamata Track Your Happiness. I partecipanti, un campione di 33.391 adulti statunitensi di età compresa tra i 18 e i 65 anni, ricevevano – in momenti casuali della giornata – delle notifiche push a cui rispondere fornendo il proprio livello di benessere in quel preciso momento, grazie ad una scala da o a 10, da «Molto male» a «Molto bene».
Da tale ricerca risulterebbe che l’esistenza del tetto dei 100mila euro varrebbe per un 15% di popolazione meno felice. Per un altro 60% di persone, che abbiano già raggiunto medi o buoni livelli di felicità, più disponibilità finanziaria si traduce in livelli più elevati di felicità. Un altro 25% di popolazione, che potremmo denominare i “superfelici”, vede un livello di benessere estremamente intenso di fronte ad aumenti significativi di reddito.
In altre parole, come dichiarato da Killingsworth, «questo suggerisce che per la maggior parte delle persone, a redditi maggiori viene associata una maggiore felicità. L’eccezione sono le persone finanziariamente benestanti, ma infelici. Ad esempio, se sei ricco e infelice, più soldi non ti aiuteranno a raggiungere la felicità».
Nello stesso tempo, però, è stata individuata anche una “minoranza infelice”, che costituisce circa il 20 per cento degli intervistati, per i quali, anche in caso di innalzamento del reddito, la percezione di benessere e felicità non risulta crescere. I ricercatori hanno evidenziato che queste persone hanno alcune caratteristiche cliniche comuni, tra cui depressione, ansia, mancato superamento di un lutto o problemi di salute. Nel loro caso, spiegano i ricercatori, la loro sofferenza può comunque diminuire man mano che il loro reddito sale a circa 100.000 dollari annui, ma questo comunque non impatta completamente sul loro livello di felicità.
Nelle conclusioni dello studio, i ricercatori hanno evidenziato che per la maggior parte delle persone «la felicità continua ad aumentare di pari passo con l’aumento del reddito, anche se ci si trova in una fascia di reddito alta». Si tratta di un risultato scontato? Forse.
Riprendendo uno dei dialoghi iniziali di un celebre film di Hitchcock, precisamente Psycho, potremmo dire che “i soldi non fanno la felicità ma tengono lontana l’infelicità”. Anche se, in quel caso, sarà proprio la ricerca della felicità economica a far incontrare la bella protagonista del film con il suo tragico destino al Bates Motel.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro