Ormai da qualche tempo i produttori di vino e liquori devono fare i conti con una grave carenza di bottiglie, dovuta ad un insieme di fattori in buona parte riconducibili alla crisi pandemica.
In un primo momento il problema è emerso in seguito alla ripresa dei consumi dopo l’arresto dovuto ai lock down nei vari paesi del mondo: molto spesso lo stop iniziale della produzione e il conseguente svuotamento dei magazzini ha determinato successivamente dei veri e propri ingorghi nelle catene globali di fornitura.
Ma non solo di questo si tratta: la ripresa a singhiozzo, l’aumento del costo delle materie prime, come l’energia elettrica e il gas, necessari alla produzione del vetro, la difficoltà nei trasporti, con gli spostamenti via terra spesso bloccati o difficoltosi e quelli via mare influenzati dai costi e dalla carenza dei container, sono altrettanti elementi che hanno portato all’attuale penuria di bottiglie.
Peraltro l’influenza dei trasporti sulla catena di approvvigionamento del vetro è così importante perché, come per numerosi altri settori, la produzione si è spostata in paesi extra europei, in quanto le fornaci sono considerate altamente inquinanti e ne è disincentivato l’impianto nel Vecchio Continente. Stesso discorso valido per l’alluminio necessario alla produzione di lattine, di cui comincia ad esserci una certa carenza.
Federvini segnala anche difficoltà di approvvigionamento di etichette e tappi di sughero. Qualora la situazione si protraesse potrebbe costituire un ulteriore problema poiché un tardivo imbottigliamento del vino potrebbe in certi casi influire sulla qualità del medesimo, senza considerare che sono spesso i disciplinari a stabilire i tempi e le modalità di invecchiamento di moltissimi tipi di vino.
La difficoltà di reperire il vetro per le bottiglie per quanto già esposto, testimonia ancora una volta l’importanza di un cambiamento degli orizzonti di consumo verso una maggiore sostenibilità. Se negli anni passati la bottiglia di vetro di maggiore spessore era considerata come indice di qualità del prodotto, negli ultimi tempi anche il consumatore di vino, sempre più sensibile ai temi ambientali, può arrivare in certi casi a reputare la bottiglia “pesante” come un disvalore.
Un esempio interessante – che viene dalla Francia – è quello del Comitato Interprofessionale dello Champagne, dove, in collaborazione con le vetrerie fornitrici, si è deciso di sostituire la bottiglia standard con una di 65 grammi più leggera. In questo modo, considerando i milioni di bottiglie prodotte nella regione, è prevista una riduzione delle emissioni stimata in 800 tonnellate di CO2 in meno – equivalenti a quelle emesse da 4000 automobili – per ogni anno.
Anche se non del tutto risolutiva, nel lungo periodo questa strategia, unita alla ricerca di contenitori alternativi, potrebbe rivelarsi utile anche per ovviare ad un’eventuale carenza di vetro e salvare così i nostri brindisi di Natale e Capodanno.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro