La vicenda di GameStop, balzata agli onori delle cronache nelle ultime settimane, inizialmente come il trionfo dei piccoli investitori sui big della finanza, si è presto trasformata in una bolla finanziaria che in pochi giorni sembrerebbe aver esaurito i propri effetti positivi.
I fatti sono questi: GameStop, catena di negozi statunitense che vende videogiochi per consolle (quali Playstation e Nintendo), già in grande crisi negli ultimi anni, ha visto ultimamente aggravarsi la propria situazione dato che la pandemia ha imposto ripetute chiusure dei negozi a livello mondiale e ha determinato il conseguente aumento delle vendite online. Pertanto, le prospettive di un imminente fallimento l’hanno resa facile bersaglio delle speculazioni al ribasso di alcuni fondi di investimento. Ma un’alleanza di investitori, descritti dai media come novelli Robin Hood contro i “cattivi” giganti della finanza mondiale, tramite apposite piattaforme digitali di investimento quali Reddit e Robinhood, hanno lanciato una campagna per il salvataggio di GameStop. Quindi tutto bene? Una bella storia a lieto fine?
Niente affatto: dopo i primi giorni di euforia con l’aumento vertiginoso (del duemila per cento nell’arco di venti giorni) delle quotazioni delle azioni in questione, l’introduzione di limitazioni sugli scambi e il desiderio di capitalizzare il guadagno da parte degli investitori hanno generato una caduta verticale delle quotazioni, fino al valore di questi giorni.
Al di là delle facili semplificazioni sulla dicotomia piccoli-grandi investitori e delle ipotizzate durature conseguenze di questa inedita alleanza sulla finanza mondiale, la vicenda ha posto l’accento su due aspetti fondamentali che guidano i mercati finanziari globali: l’emotività che spesso è alla base delle scelte di investimento e la differenza esistente fra economia “reale” e mercati finanziari.
E’ palese infatti che il valore attribuito attraverso idonee analisi degli esperti sul titolo azionario GameStop è del tutto diverso da quello che è l’evidente risultato di un volume di scambi “anomali” generati dall’euforia su un possibile salvataggio dell’azienda, che, non dimentichiamolo, dà lavoro a cinquantamila persone in tutto il mondo.
Inoltre, seppure in maniera non sempre adeguatamente sottolineata dai media, le recenti speculazioni che hanno coinvolto GameStop hanno fatto prepotentemente emergere pro e contro del trading online, che si è tanto maggiormente diffuso nel periodo di pandemia. Solo in Italia, secondo alcune indagini, si parla di 2,2 milioni di persone che gestiscono online il proprio conto titoli e, di questi, circa 200 mila che hanno eseguito almeno un’operazione alla settimana. Numerose sono le app che consentono di fare trading e altrettanto diffusi sono i servizi di investimento proposti al telefono e descritti come un modo per ottenere un facile guadagno col minimo rischio. A molti questo potrebbe sembrare un sistema democratico per consentire a chiunque di avvicinarsi alla realtà dei mercati finanziari con costi, in alcuni casi, molto contenuti. Non mancano però diverse questioni legate alla trasparenza delle piattaforme, come dimostrano le vicende che hanno coinvolto alcune di loro nel recente passato. Una su tutte Robinhood che ha pagato 65 milioni di dollari nel dicembre scorso per chiudere un’indagine per frode ai danni dei cittadini avviata dalla SEC (Securities and Exchange Commission), la Consob americana. Le autorità del Massachusetts hanno poi accusato la stessa piattaforma di aver speculato in modo aggressivo sull’inesperienza degli investitori senza garantire l’implementazione di adeguati controlli di protezione.
Anche sulla vicenda GameStop molti restano i lati oscuri: l’alleanza è scaturita da Reddit, anche se non è chiaro fino a che punto gli utenti dell’app abbiano contribuito direttamente all’aumento di valore dei titoli di GameStop oppure se il loro contributo sia stato soprattutto quello di influenzare il racconto dei media e convincere moltissime persone estranee a Reddit che comprando certe azioni avrebbero potuto ottenere lauti guadagni. Allo stesso modo non è escluso che l’azione collettiva degli investitori amatoriali potrebbe partire da un altro social network, con tutti i problemi di manipolazione e controllo che anche negli ultimi tempi, con il blocco degli account dell’ex Presidente americano Donald Trump, sono riemersi, o essere generata dalla dichiarazione pubblica di un personaggio famoso, non sempre disinteressato, o in altri modi ancora.
Ciò che è necessario è capire quanto la maggior parte di questi investitori sia consapevole dei rischi che corre investendo in autonomia. Il desiderio di rischiare può far finire nelle mani di operatori senza scrupoli, che, in taluni casi, operano anche senza autorizzazione. Le conseguenze del trading facile sono state talvolta tragiche. Ne è un triste esempio il caso di Alex Kearns, studente universitario di vent’anni, suicida perché temeva di aver perso 730 mila dollari, presi a prestito, nel trading di opzioni. «Com’è possibile che a un ragazzo di vent’anni senza redditi si lascino fare investimenti a debito per quasi un milione di dollari?», ha scritto nel biglietto d’addio ai genitori. E un’altra lezione da tenere ben presente è che il brivido del guadagno facile ha un costo: secondo le analisi, oltre il 90% dei day-traders alla fine perde soldi.
Foto 11333328 e Rafael Javier da Pixabay