Il Consulente Finanziario spiega la nuova “Via della Seta” che unirà la Cina all’Europa, le sue possibili implicazioni politico-economiche e la risposta di alcune case di investimento in merito a questa novità.

Per “Via della Seta” o BRI (Belt and Road Initiative) si intende il colossale progetto di collegamento fra Europa e Asia per rafforzare gli scambi commerciali e promuovere l’integrazione economica.
Come si concretizza? In un potenziamento infrastrutturale presentato al mondo dal Presidente cinese Xi Jinping nel 2013, che prevede la realizzazione di reti ferroviarie ad alta velocità, autostrade e scali marittimi in tutti quegli stati interessati dal passaggio di questa moderna arteria di collegamento intercontinentale.

La Via della Seta segue due percorsi: quello terrestre che attraversando il continente asiatico e passando per la Russia ed altri Paesi dell’Est Europa arriva nel cuore del Vecchio Continente; l’altro marittimo, comprendente due rotte: una che attraversa l’Oceano Indiano e il Mar Rosso per raggiungere l’Europa, l’altra che connette Pechino con le isole del Pacifico attraverso il Mare di Cina.
Il chiaro obiettivo è quello di ridurre drasticamente i tempi di “connessione” tra queste due aree del mondo popolate da miliardi di persone e far crescere economia e integrazione finanziaria e culturale fra le diverse zone geografiche.

Ma se la vecchia Via della Seta (il nome fu coniato nel 1877 dal geografo e storico tedesco Ferdinand Von Richtofen) fu utilizzata fin dal primo secolo dopo Cristo principalmente per scopi commerciali e per l’acquisto di spezie e seta, oggi questa via – agli occhi di molti – può rappresentare una seria minaccia di ingerenza politica da parte della Cina.
Tanto che gli Stati Uniti hanno cominciato a prendere delle contromisure per cercare di frenare quello che, per tanti, è espressione dell’espansionismo cinese a livello mondiale.

L’Italia ha già iniziato ad aderire all’iniziativa BRI, siglando un accordo strategico con la Cina il 23 marzo 2019.
Anche se il Governo italiano ha rassicurato gli USA sostenendo che l’Alleanza Atlantica non è in discussione, le rassicurazioni non bastano a Washington, dove si crede che la Cina stia costruendo un’autostrada per i propri commerci e i propri prodotti, con metodi – definiti dal portavoce del Consiglio per la sicurezza americana – a dir poco opachi nella gestione finanziaria dell’operazione, nella tutela dell’ambiente e nel rispetto dei diritti umani.

Ma è solamente la Cina ad essere coinvolta in questo immenso progetto da far impallidire il famoso piano Marshall?

Dagli ultimi dati provenienti dalla Banca Asiatica per le Infrastrutture, dove è custodito il “tesoretto” da 100 miliardi di dollari stanziato per l’iniziativa, si rileva che solo il 30% di questo immenso fiume di denaro proviene dal Celeste Impero.
La Banca Asiatica per le Infrastrutture è stata fondata a Pechino nel 2014 da Stati quali Russia, India, Corea e nazioni europee come Italia, Francia e Germania, con il chiaro obiettivo di coordinare e finanziare questo progetto a lungo termine, fornendo capitali in prestito a quei Paesi che partecipino alla realizzazione dell’ambizioso progetto, pur senza disporre autonomamente delle risorse finanziarie necessarie.
In altre parole la AIIB o Banca Asiatica per le Infrastrutture può essere benissimo considerata l’alternativa al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, che operano sotto il controllo diretto degli Stati Uniti.

A molti politici sembra che le reali intenzioni della Cina siano quelle di riuscire ad acquistare, sfruttando le enormi difficoltà economiche che stanno attraversando alcuni stati, anche europei, il totale controllo di strutture strategiche come porti e altre infrastrutture, cosa che potrebbe avere come diretta conseguenza un vantaggio commerciale e politico solo per i Paesi asiatici, a danno della Vecchia Europa.
Chi avrà ragione? Chi sostiene che la BRI sia un’opportunità per riequilibrare i nostri saldi negativi import/export e sia un’occasione di sviluppo globale per varie realtà nazionali, o chi sostiene che mettere a disposizione strutture strategiche, come porti, aeroporti e reti dati, possa danneggiare ulteriormente gli interessi economici occidentali e mettere a repentaglio la sicurezza e l’indipendenza di molti Paesi europei e non?
Difficile dare un responso.

In ogni caso alcune case di investimento hanno focalizzato il proprio interesse su questa moderna Via della Seta con la creazione di specifici fondi, quali “Invesco Belt and Road Debt Fund”, che investe in obbligazioni che potrebbero beneficiare, direttamente o indirettamente, degli afflussi di capitali della BRI, mentre una percentuale fino al 10% può essere investita in azioni.

Curiosità:

  • Piano Marshall: ufficialmente chiamato piano per la ripresa europea (“European Recovery Program“), fu annunciato in un discorso del segretario di Stato statunitense George Marshall (da cui prese il nome), il 5 giugno 1947 all’Università di Harvard. Consisteva in uno stanziamento di quasi 14 miliardi di dollari da parte degli USA per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale.

La BRI in numeri:

  • Coinvolge 4,4 miliardi di persone
  • Riguarda il 63% della popolazione mondiale
  • Rappresenta il 29% del PIL del pianeta
  • Ha un valore stimato di 21 miliardi di dollari

Gli obiettivi della BRI:

  • Connettere i Paesi ed i relativi Governi;
  • Connettere le infrastrutture per facilitare il commercio e il passaggio delle persone;
  • Connettere economie per aumentare i volumi commerciali;
  • Connettere i capitali e incentivarne gli afflussi;
  • Connettere le persone, per favorire scambi culturali e fra sistemi educativi, condividendo tecnologie e usi.

Scarica e conserva “IL CAVEAU N° 51”.