Cosa si intende per “Mercati emergenti”? Ad oggi rappresentano sempre nuove opportunità di investimento? Il Consulente Finanziario risponde a questi quesiti.
Che cosa si intende precisamente con il termine mercati emergenti? E, a fronte delle performance negative dell’anno in corso, si può sempre pensare che in essi ci siano nuove opportunità di investimento? In questa edizione de “IL CAVEAU” affronteremo tali interrogativi, cercando di capire cosa pensano gli economisti per il prossimo futuro.
Quando si parla di Paesi emergenti si fa riferimento di solito alla definizione classica che rimanda alle nazioni di recente industrializzazione, in breve NIC (acronimo di Newly Industrializing Countries) usato per descrivere un’economia con reddito pro-capite inferiore a quello della media dei paesi sviluppati e con un tasso di crescita potenziale del PIL superiore alla media globale. La Banca Mondiale fissa ad esempio questo livello di reddito pro-capite a circa 9,000 dollari.
In generale un mercato emergente è un’economia in via di sviluppo, che presenta alcune caratteristiche e opportunità di crescita, per svariate ragioni, tra cui: carenza di infrastrutture, prevalenza demografica di giovani, classe media ridotta o poco esistente, basso debito pubblico, monete deboli. Quindi solitamente i Paesi in via di sviluppo sono per definizione poveri e contemporaneamente ricchi di potenziale.
Tuttavia all’interno di questa categoria ci sono realtà molto diverse per dimensione, istituzioni politiche ed economiche, infrastrutture. Basti pensare che la classificazione comunemente utilizzata negli ultimi 10 anni, ideata dall’economista O’Neill e racchiusa nella sigla BRIC comprende Brasile, Russia, India, Cina cui successivamente è stata aggiunta una S per il Sud Africa, mentre la sigla MINT, che lo stesso economista ha introdotto nel 2013 individuando i Paesi a più alto potenziale di crescita nei prossimi 20 anni, comprende Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia.
L’investimento in asset dei mercati emergenti ha consentito a molti di avere notevoli ritorni, soprattutto in considerazione della forte crescita registratasi fra il 2016 e il gennaio di quest’anno, con – ad esempio – l’indice azionario MSCI Emerging Markets che ha quasi raddoppiato il proprio valore, senza considerare che anche il comparto obbligazionario comunque ha dato buoni rendimenti.
Decisa inversione di tendenza si è avuta, invece, nel corso del 2018, anche a causa di una forte ripresa dell’economia americana e dalle tensioni geopolitiche in corso. Ma gli esperti, fra cui quelli di Goldman Sachs, affermano che per il prossimo futuro l’investimento in asset class di mercati emergenti, resta interessante per una serie di ragioni:
- Innanzitutto per il limitato peso dei Paesi come Turchia e Argentina, balzati agli onori delle cronache negli ultimi tempi per il tracollo valutario e le tensioni economico-finanziarie interne, che hanno un PIL che rappresenta solo il 5/6% del PIL complessivo degli emergenti;
- Molte delle problematiche geopolitiche in corso sono già incluse nelle valutazioni attuali – comunque positive – delle asset class degli emergenti e una cessazione delle stesse potrebbe portare buoni ritorni;
- Alcuni osservatori rilevano lo scarso impatto che potrebbero avere le tensioni fra USA e Cina su altri Paesi di nuova industrializzazione piuttosto focalizzati sul proprio mercato domestico;
- I mercati emergenti continuano a dare buone prospettive di crescita, più di quanto non avvenga con mercati ormai maturi, come quelli delle economie avanzate.
Tuttavia, coloro che decidano di investire in mercati emergenti, devono tenere ben presente alcune considerazioni fondamentali. In primo luogo la volatilità dell’investimento, a fronte di un rendimento che in media potrebbe essere più elevato rispetto ad altre asset class. In secondo luogo la logica di investimento del breve periodo, in alcune situazioni, può essere fortemente penalizzante, specie a fronte di rischi geopolitici che non si possono escludere a priori.
Inoltre, anche in questo caso, come in generale per la gestione del proprio portafoglio, vale il principio della diversificazione, specialmente a fronte di una rischiosità così elevata, come quella che si rileva in quest’ambito.
In ogni caso, la soluzione migliore è quella di rivolgersi al proprio consulente di fiducia per avere un quadro preciso di tutte le opportunità ed i rischi legati agli investimenti nei mercati emergenti, avendo – come sempre – cura di valutare la propria propensione al rischio e, quindi, la capacità di sopportare anche eventuali forti oscillazioni che un simile investimento può portare con sé.