Il VIX, anche definito “Indice della Paura”, utilizza la volatilità come strumento di misurazione della paura sui mercati. In questo primo scorcio d’anno, sta destando preoccupazione tra gli investitori: il Consulente Finanziario spiega perché.
Se nei drammatici mesi del 2011 era stato lo Spread (il termine da noi utilizzato per indicare la differenza di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani e quelli tedeschi) che – toccando la cifra record di 574 punti – aveva creato panico tra gli investitori e gli operatori finanziari, in questo primo scorcio d’anno è il “VIX” la nuova “orribile creatura” che, risvegliatasi improvvisamente da un lungo letargo, si è dimostrata capace di divorare miliardi in pochissime ore e di togliere più di qualche ora di sonno a molti gestori, che da tempo stavano scommettendo sulla stabilità del mercato.
Gli americani lo hanno soprannominato “Fear Index” (Indice della Paura), perché utilizza la volatilità come misura della paura sui mercati, per cui il valore del VIX tenderà a salire quanto più gli investitori si facciano prendere dal panico e conseguentemente vendano azioni in misura massiccia.
Istituito nel 1992, misura l’intensità dello spostamento dello “S&P 500 – Standard & Poors 500”, l’indice più rappresentativo della borsa americana.
Un semplice esempio è quello che è successo nelle ultime settimane: il noto ETF “Velocity Shares Daily Inverse VIX Short-Term”, creato da Credit Suisse, ha perso l’85% del suo valore il 5 febbraio, quando – nella stessa data – l’indice VIX ha subito un’impennata del 116%. Dopo ulteriori e pesantissime perdite, il giorno successivo la Banca Elvetica ha deciso la sua chiusura, avvenuta poi in data 21 Febbraio, tramite liquidazione ai sottoscrittori delle poche briciole restanti.
Numerosissimi sono i fondi che hanno utilizzato strategie “Low Volatility”, che non sono ancora giunti fino al punto di dover chiudere i battenti come l’ETF di Credit Suisse, ma che comunque attualmente si trovano in seria difficoltà gestionale.
A questo punto il quesito da porsi è se queste strategie definite “Low Volatility” siano davvero efficaci. Certamente non è facile rispondere a tale domanda.
Interessante è un’analisi di Mornigstar al riguardo, che evidenzia il fatto che una bassa volatilità spesso e volentieri non si abbina a un basso rischio, in quanto il problema principale è che queste strategie si basano su dati storici e non si ha mai la certezza assoluta che tali dati vengano replicati nell’immediato futuro. I Cigni Neri sono sempre in agguato …
In realtà, questo indice è forse meno conosciuto in Europa che negli Stati Uniti, dove la sua notorietà è tale da essere stato protagonista anche di un best seller del famoso scrittore americano Robert Harris. Questo thriller mozzafiato dal titolo “L’indice della paura” (tradotto in italiano da Mondadori e di cui vi consiglio la lettura), narra la storia di un famoso scienziato diventato ricchissimo gestore di fondi ed inventore di un nuovo algoritmo, in grado di prevedere e guadagnare cifre incredibili anticipando le forti oscillazioni del VIX. Naturalmente, qualcosa non va per il verso giusto: qualcuno vuole distruggere l’algoritmo mentre, intanto, i mercati precipitano: uno scontro senza esclusione di colpi.
Ultima curiosità: su richiesta di un importante studio legale di Washington, le principali autorità, a cominciare dalla SEC (la Consob americana), stanno indagando sull’andamento avuto dal VIX nelle ultime settimane. Il forte timore è che sia stato “manipolato” come successe alcuni anni fa con il Libor (tasso interbancario). Le indagini dell’epoca si conclusero con la condanna a 10 anni di reclusione per quattro ex traders di Barclays Bank e UBS.
Nel caso in questione sembra che alcuni market maker abbiano manipolato il mercato del VIX per incassare miliardi di dollari a danno di investitori, sia privati che istituzionali. Restiamo quindi in attesa di sapere se dalle indagini emergeranno eventuali responsabilità, in relazione all’accertamento di possibili interventi fraudolenti sul VIX.