Prima ancora dell’insediamento ufficiale alla Casa Bianca, il rieletto presidente Donald Trump ha lanciato il nuovo slogan “Make Groenlandia great again”, che non indica soltanto l’interesse economico e politico che il governo Usa dimostra nei confronti dello stato artico controllato dalla corona danese, ma è una vera e propria presa di posizione neo-colonialistica sulle terre del Grande Nord.

Ancora di più, in queste ore il tycoon non esclude la forza militare per la riconquista del canale di Panama e per l’annessione della Groenlandia.

La verità è che da tempo è in corso una vera e propria guerra fredda per il controllo delle terre artiche, che sono una miniera di risorse naturali, finora non pienamente sfruttate per la presenza dei ghiacci perenni che il cambiamento climatico in corso sta facendo sciogliere progressivamente. Secondo una stima, nell’Artico sono presenti 35.700 miliardi di metri cubi di gas naturale e 2.300 milioni di tonnellate di petrolio, circa il 40% di tutte le riserve di petrolio e gas al mondo. Ma non solo: con l’eventuale distruzione della cortina di ghiaccio, si apriranno nuove rotte navali, tanto che potrebbe dimezzarsi il tempo di trasporto delle merci e delle materie prime dall’Europa all’Asia.

Gli attori interessati alla questione sono molti e si stanno muovendo da tempo. In primo luogo la Russia che ha dichiarato di essere pronta a difendere i propri interessi nell’Artico in termini militari, politici e tecnici. Ma anche la Cina, anche attraverso l’alleanza con la Russia, punta a rivestire un ruolo importante nell’attività estrattiva e commerciale che passa attraverso la regione Artica.

Al di là degli slogan, la presa di posizione del prossimo Presidente degli Usa serve soprattutto ad accendere i riflettori sulla questione del controllo delle regioni del Grande Nord.

La Groenlandia ha una posizione privilegiata che si affaccia su tre continenti: quello nordamericano, a cui geograficamente appartiene; quello europeo da cui dipende politicamente, essendo un territorio autonomo danese, anche se con chiare aspirazioni indipendentiste, e infine quello asiatico, con gran parte della costa nordorientale che affaccia sull’Oceano Artico, proprio di fronte alla Russia.

Anche l’Unione Europea ha cercato di muoversi per tempo, dati gli interessi in gioco, tentando di accelerare il processo di collaborazione con la Groenlandia, con l’accordo firmato nel novembre del 2023 che prevede un nuovo partenariato strategico per lo sfruttamento congiunto delle materie prime e due accordi, siglati nel 2024, di cooperazione per un totale di quasi 94 milioni di euro, nell’ambito di Global Gateway, la strategia di investimento dell’Ue per il mondo.

Inoltre si deve considerare che la Groenlandia ha una posizione geografica che fa gola agli Usa, e non solo, per farne uno degli avamposti militari nella zona artica.

Infine la Cina con la strategia per l’Artico approvata nel 2018, in cui si definisce «Stato vicino all’Artico» mira ad avere il controllo della Northern Sea Route (NSR), che costeggia la Russia e per cui Putin ha previsto enormi investimenti infrastrutturali da qui al 2035, e della Rotta Artica, cioè il tratto di navigazione che passa attraverso il Polo Nord, un tempo ritenuto impossibile e oggi, al contrario, percorribile per periodi sempre più lunghi.

Difficile fare previsioni sui futuri sviluppi della questione artica, anche se rimane una certa preoccupazione per le tensioni fra le potenze protagoniste di questa guerra fra i ghiacci.

Crediti: Photo Jaana Jolly Pixabay

Federica Coscia, Paolo Gambaro

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