Secondo alcuni recenti report, il mercato globale degli influencer nel 2023 valeva 21,1 miliardi di dollari a livello globale, con una crescita del 30% rispetto all’anno precedente e di oltre il 50% rispetto al 2021.

Solo in Italia il giro di affari si aggira intorno ai 350 milioni di euro, con l’influencer Khaby Lame in testa, con 160 milioni di follower e un post che può valere fino a 325 mila euro e Chiara Ferragni, ferma (si fa per dire) a 95 mila euro.

Oltre ai big, c’è anche tutto l’inverso dei micro-influencer presenti sulle varie piattaforme social. Si comincia con TikTok, dove si può essere già pagati con 5mila follower (50 euro a contenuto), per poi passare a YouTube, dove ne bastano 3mila, per finire con Facebook, che è la piattaforma meno utilizzata. A seconda del numero dei follower, il guadagno medio si attesta fra i 150 e i 300 euro. Le ultime vicende di cronaca legate agli influencer più noti, secondo recenti studi, hanno condotto i grandi brand italiani ad optare per lo spostamento dei budget di marketing dalle grandi figure con decine di milioni di follower verso micro e nano creator.

Fino al 2016 si trattava di un mercato di nicchia, che nel giro di pochi anni è esploso. Una crescita impetuosa che ha creato la necessità di mettere dei paletti e delle norme – cosa non semplice in un settore in continua e veloce evoluzione – spingendo l’Autorità Garante per le Comunicazione ad approvare delle linee guida che di fatto equiparano i grandi influencer ai media televisivi o radiofonici, mondi molto diversi tra loro, accomunati dal fatto di finanziarsi attraverso la pubblicità. Ciò anche per affrontare la problematica – rilevata dalla Commissione Europea – che solo un influencer su 5 dichiara la pubblicità che effettua sui social, limitandosi a suggerire prodotti senza precisare che dietro il consiglio c’è stato un pagamento diretto.

Inoltre, per molti anni queste nuove professioni digitali sono sfuggite agli occhi del fisco. Fino a quando l’Agenzia delle Entrate ha deciso di fatto di equiparare tali profitti ai redditi da lavoro autonomo o a quelli di impresa, a seconda del tipo di organizzazione sottostante. Tuttavia non è sempre facile individuare questi guadagni, dato che spesso sono fatturati da aziende che hanno sede in paradisi fiscali. Inoltre, in molti casi, si tenta di trasformare vere e proprie sponsorizzazioni in proventi legati al diritto d’autore, evitando ad esempio, di pagare l’Iva.

Recentemente la finanza ha recuperato oltre 11 milioni di euro, attraverso gli accertamenti a 4 influencer, seguiti da 50 milioni di follower in totale, fra cui l’imprenditore, dj e star del web Gianluca Vacchi, oltre a una serie di sex workers che pubblicano contenuti su piattaforme per adulti.

Esiste però anche un pericoloso concorrente degli influencer moderni. Sono i virtual influencers creati con l’Intelligenza Artificiale. Considerando il successo avuto dalla modella Emily Pellegrini. che non esiste nel mondo reale ma è il risultato di un’elaborata creazione ad opera dell’AI, i grandi e piccoli beniamini del web non possono certo dormire sonni tranquilli.

Crediti: Photo Gerd Altmann – Pixabay

Federica Coscia, Paolo Gambaro

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