L’andamento degli indici borsistici di un Paese come la Turchia sta dimostrando come, molto spesso, per vincere l’inflazione il metodo migliore sia quello di investire nei mercati azionari.
Negli ultimi anni la Turchia ha attraversato periodi di iperinflazione dovuti, molto spesso, a scelte governative dettate dalla volontà di mantenere il necessario consenso interno, quasi sempre in controtendenza con il resto delle economie mondiali ed a scapito della fiducia degli investitori esteri.
La lira turca si è svalutata fino all’80% nei confronti di dollaro ed euro, mentre i prezzi dei beni di consumo sono raddoppiati, causando povertà e diseguaglianze nella popolazione del Bosforo. Ciò non ha però impedito che, nel frattempo, la borsa turca vedesse un aumento del 1000% negli ultimi 4-5 anni, per coloro che hanno investito in valuta locale. A questo corrisponde comunque un aumento del 60-70% anche per gli investitori esteri. Cosa significa e perché avviene ciò?
Poiché il prezzo delle azioni è legato agli utili nominali, se un’azienda continua a vendere la stessa quantità di beni o servizi, scaricando gli aumenti sul consumatore finale, conseguentemente aumenterà anche il prezzo delle azioni. In altre parole, essendo i prezzi al consumo fissati dalle imprese, i ricavi tendono a restare invariati in termini reali e molte volte, addirittura, crescono in misura superiore all’inflazione stessa. Complessivamente, quindi, coloro che investono in borsa vedranno il loro capitale meglio protetto dagli effetti dell’inflazione.
Il caso della Borsa turca non è l’unico, infatti lo stesso fenomeno si è potuto osservare anche in Argentina. Dal 2015 ad oggi il peso ha perso il 99% del suo valore, mentre contemporaneamente l’indice Merval ha guadagnato l’8600%. Facendo un confronto con i dati dell’inflazione, mentre i prezzi al consumo sono saliti di 57 volte, il capitale investito in borsa risulta essersi moltiplicato di 97 volte, assorbendo non solo gli aumenti del costo della vita, ma assicurando anche lauti guadagni a coloro che abbiano scommesso su questo settore proprio per affrontare la crisi del Paese sudamericano.
E’ naturale che per valutare se un investimento sia utile o meno a proteggersi dal carovita, sarà necessario guardare ai guadagni reali e non a quelli nominali. Inoltre è necessario, come sempre, optare per una buona diversificazione e tenere presente che la crescita dei mercati non è mai lineare, ma soggetta ad una certa volatilità. Numerosi sono stati i periodi di crisi e di forte contrazione che vanno tenuti in debita considerazione, pur senza farsi troppo influenzare da una prospettiva negativa.
In ogni caso, secondo le statistiche elaborate da John C. Bogle, magnate americano e fondatore di Vanguard, dal 1900 agli anni più recenti, l’indice borsistico americano Standard and Poor’s ha messo a segno un rialzo medio annuo di circa il 7%, mentre l’MSCI All Country World ha generato una performance media dell’8% l’anno (in dollari), con conseguente raddoppio del capitale ogni dieci anni per coloro che abbiano tenuto il proprio investimento nel tempo. Tutti dati che vanno attentamente valutati per scegliere un investimento adeguato a proteggersi dall’inflazione, sempre e comunque tenendo conto della propria propensione al rischio.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro