Che il cambiamento climatico abbia un impatto – molto spesso negativo – sulla produzione agricola non è certo una novità. Ma quando a farne le spese c’è uno degli alimenti più golosi delle nostre festività e non solo, allora la questione diventa ancora più evidente e cara alle nostre tasche di consumatori.
Dall’anno scorso, infatti, si è avuto un notevole calo della produzione delle fave di cacao da parte dei principali paesi produttori, Costa d’Avorio in primis e anche Ghana, che da soli rappresentano il 70% del mercato. In queste nazioni, le avverse condizioni meteorologiche degli ultimi anni, con piogge torrenziali e distruttive, alternate a lunghissimi periodi di siccità, hanno danneggiato i raccolti e facilitato la diffusione di particolari malattie della pianta del cacao che, a partire dal Ghana, hanno già colpito il 17% di tutte le aree coltivate devastando oltre 500mila ettari di coltivazioni, per poi diffondersi anche in Costa d’Avorio. A peggiorare la situazione si è inoltre aggiunta la mancanza dei necessari fertilizzanti provenienti dall’Ucraina in guerra.
Gli esperti del settore quest’anno danno un raccolto di fave in calo del 25%, evento che determinerebbe una diminuzione dell’11% del cacao su scala mondiale. E naturalmente, considerando che la domanda di cacao è in crescita negli ultimi anni, questo si traduce in un aumento dei prezzi non solo della materia prima, ma anche di tutti prodotti ottenuti con la lavorazione della stessa.
Per gli investitori la crisi dell’oro nero alimentare si traduce in nuove opportunità di guadagno. Ne sono un esempio i futures, contratti con cui si acquistano determinati titoli o merci ad un prezzo che viene fissato immediatamente, mentre consegna e pagamento avranno luogo a una certa scadenza futura. I futures sul cacao conclusi a inizio febbraio per la consegna a maggio, negoziati a Londra, hanno raggiunto il record storico di 4.757 sterline per tonnellata (registrando un incremento di oltre il doppio). Addirittura a New York il prezzo alla consegna era di 5.288 dollari a tonnellata. Inutile precisare che i guadagni non finiscono certo nelle tasche dei produttori delle fave di cacao, che lottano per la sopravvivenza contro i broker internazionali, i grandi trasformatori di cacao e l’industria dolciaria.
Le conseguenze del rincaro dei prezzi le pagano anche Hershey (leader nella produzione di cioccolato), le cui azioni sono calate del 30% da maggio 2023, e la rivale Mondelez (casa madre di Toblerone), che ha registrato nel quarto trimestre del 2023 un incremento dei prezzi in Nord America del 7,4%, a fronte di un calo dei volumi prodotti del 5,5%.
In ultima analisi però l’aumento del costo del cacao viene pagato dai consumatori finali che, a causa della crisi della filiera, per il classico uovo di cioccolato (tra i 320 e i 365 grammi) possono spendere anche 18 euro: un incremento del 33% rispetto all’anno precedente.
E, mentre i produttori di cioccolato si rivolgono ai paesi del Sudamerica, come Ecuador e Venezuela, per far fronte al calo della produzione di cacao del continente africano, i golosi si preparano a gustare cioccolatini e uova sempre più costose, pur di non rinunciare alla dolcezza delle festività pasquali.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro