Nato nel periodo in cui le città erano circondate da ampie fortificazioni, per passare le quali era necessario che i commercianti pagassero i dazi delle merci che portavano con sé, il contrabbando ha oggi assunto ben altre forme, spesso molto redditizie per coloro che lo praticano.
L’esempio più eclatante è dato dal sistema con cui, al momento attuale, vengono aggirate le sanzioni imposte alla Russia per la guerra in Ucraina. Mentre in fase iniziale alcuni brand sono spariti dal mercato russo, in una seconda fase si è assistito ad un loro progressivo ritorno. Ciò anche grazie al fatto che il Cremlino ha preso delle contromisure, legalizzando un sistema di importazioni parallele, tramite l’abolizione della responsabilità penale e amministrativa per l’importazione di prodotti senza l’autorizzazione del detentore del copyright. Si tratta di fatto di un contrabbando che, in barba alle regole internazionali, cerca di togliere la Russia da un isolamento commerciale, potenzialmente molto dannoso.
I contrabbandieri contemporanei dispongono di mezzi e possibilità molto ampie, per portare avanti un’attività lucrosa, ma anche potenzialmente pericolosa, nel caso in cui venga scoperta in uno degli stati da cui la merce proviene. Solitamente comprano i beni tramite società di facciata costituite in Europa. Le partite acquistate viaggiano poi sui camion dall’Unione europea a uno dei paesi dell’ex Unione Sovietica che condividono accordi doganali con la Russia, come Kazakistan e Armenia. In questo modo si aggira la legislazione dei Paesi che hanno adottato le sanzioni per la guerra in Ucraina. Ogni mese, secondo calcoli del governo russo, il contrabbando potrebbe far affluire da 1,5 a 2 miliardi di dollari di merce. Tanto, ma sicuramente non abbastanza per tenere in piedi l’intera economia: si parlerebbe di 20 miliardi all’anno contro i 304 miliardi di dollari di beni importati in Russia nel corso del 2021.
Superare la globalizzazione commerciale che tanto ha influenzato le moderne economie, non è facile neanche per il Cremlino. E quindi, accanto al contrabbando, si percorrono altre vie che dovrebbero servire allo scopo di rendere il Paese ancora competitivo sul piano economico. Una di queste è il rafforzamento dei rapporti già esistenti con Paesi amici, come la Cina e l’India, che possono acquistare gas e petrolio russi e fornire tecnologie necessarie a scopi civili e bellici. Ciò anche con la conseguenza, non sempre gradita, di finire con il dipendere eccessivamente dall’ingombrante vicino asiatico, con cui nel tempo la Russia ha avuto anche rapporti conflittuali. L’altra via è invece l’autarchia, che richiama nostre memorie storiche di epoca fascista, non sempre di facile attuazione: proprio come il Lanital negli anni della guerra presentava alcuni indiscutibili difetti, tra cui la scarsa resistenza all’usura, che non ne fecero un buon sostituto della lana importata, così la tecnologia occidentale non sempre risulta facilmente sostituibile in settori quali la costruzione di aeroplani, la tecnologia farmaceutica e medica, la produzione di microchip e apparecchiature informatiche di alto livello e la tecnologia per costruire veicoli spaziali. La domanda è se, anche in questo campo, sarà possibile ovviare col contrabbando delle componenti o se, alla lunga, la Federazione Russa cederà alle pressioni delle sanzioni occidentali per salvare la propria economia.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro