Smartphone rotto: lo riparo o lo cambio? Questa domanda si fa sempre più pressante negli ultimi tempi, data una serie di fattori che incidono sui costi e sulla disponibilità di dispositivi elettronici, per le note vicende geopolitiche e post pandemiche.
Ma non solo: secondo studi del 2019 metà delle emissioni totali di gas a effetto serra e oltre il 90 % della perdita di biodiversità e dello stress idrico provengono dall’estrazione e dalla lavorazione delle risorse necessarie alla costruzione di dispositivi elettronici. A ciò si aggiunga una preoccupazione molto forte concernente l’aumento esponenziale dei rifiuti elettronici nel mondo, con oltre 53 milioni di tonnellate scartate già nel 2019.
Proprio per cercare di affrontare almeno in parte questi problemi, dal 1° gennaio 2021 in Francia è stato adottato l’indice de réparabilité. Produttori, importatori, distributori e qualunque altro soggetto, anche operante online, che immetta sul mercato francese un nuovo prodotto elettrico ed elettronico è obbligato a rendere noto gratuitamente se questo è riparabile, difficile da riparare o non riparabile, sulla base di precisi parametri. L’indice di riparabilità si basa su cinque diversi criteri: documentazione tecnica, facilità di disassemblaggio, disponibilità di pezzi di ricambio, prezzo di queste componenti, aspetti specifici del prodotto. Ad ognuno è assegnato un punteggio su una scala da 0 (prodotto non riparabile) a 10 (prodotto riparabile), attraverso un sistema di marcatura o etichettatura che deve essere ben visibile al consumatore al momento dell’acquisto del bene.
Dunque si sta aprendo l’era della riparazione, un business sempre più importante dal punto di vista dell’economia circolare. Ne è un esempio chiaro il sito IFixit, fondato nei primi anni duemila, che costituisce una sorta di manuale di riparazione gratuito condiviso che fornisce guide e strumenti di riparazioni per oggetti di elettronica di consumo ed elettrodomestici.
Negli ultimi tempi anche l’Europa si è occupata della questione sulla scia di quanto già da tempo si è fatto negli Usa. Il Parlamento UE ha adottato alcune risoluzioni, in base a cui ai consumatori dovrebbe essere garantito, in primo luogo, il diritto a ricevere un’informazione più dettagliata e accurata circa gli impatti ambientali di prodotti e servizi durante il loro intero ciclo di vita, soprattutto in termini di riparabilità e durabilità. In secondo luogo, dovrebbe essere istituito un nuovo “diritto alla riparazione”, che copra il ciclo di vita prolungato dei prodotti, l’accesso ai pezzi di ricambio e a servizi di riparazione a prezzi accessibili.
In sostanza si tratta di abbandonare l’obsolescenza programmata che tanto guadagno ha portato ai giganti della tecnologia mondiale, per offrire articoli più in linea con le esigenze di ambiente e consumatori, favorendo la riparazione piuttosto che il cambio, anche attraverso estensioni di garanzia e fornitura di prodotti sostitutivi per il periodo di riparazione.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro