Un nuovo inglesismo ha fatto ingresso nel linguaggio comune: shrinkflation. Si tratta di un termine anglosassone composto dal verbo “to shrink”, cioè restringere, e “inflation” e indica un fenomeno che recentemente sembra essersi diffuso a macchia d’olio, anche a causa dei forti rincari delle materie prime. In Italia è noto, in alcuni casi, come “sgrammatura”.
L’esempio più immediato da fare è quello del sacchetto di patatine: stessa confezione, stesso prezzo, ma meno patatine all’interno. Idem anche per quanto riguarda la tavoletta di cioccolato: stesso involucro, stesso prezzo, ma tavoletta più leggera, magari anche solo di qualche grammo rispetto al prodotto originario.
Ma non è una novità sul mercato, tanto che l’origine di questo neologismo risale al 2015, da parte dell’analista statunitense Pippa Malmgren e si riferisce a casi già riscontrati da tempo, di cui gli esempi più famosi del passato sono:
- Toblerone: nel 2010, Kraft ha ridotto il peso delle barre Toblerone da 200 grammi a 170 grammi. E nel 2016 è stato ridotto ulteriormente a 150 grammi. L’alleggerimento è avvenuto tramite diminuzione del numero di “denti” di cioccolato, allungando gli spazi tra l’uno e l’altro per risparmiare sulla materia prima cacao.
- Coca Cola: nel 2014 ha ridotto le dimensioni della sua bottiglia grande da 2 a 1,75 litri.
- Milka: nel 2017 la Mondelez ha ridotto le barrette Alpine Milk e Nuts & Raisins da 300 grammi a 270 grammi.
- Algida: la famosa marca di gelati, controllata dalla multinazionale Unilever, ha operato negli anni un rimpicciolimento del suo famoso Magnum e del Cornetto.
Naturalmente le ricadute sono notevoli sui portafogli dei consumatori. Ma non solo: pochi comprendono che questa pratica ha un impatto ambientale importante, soprattutto in termini di aumento di involucri impiegati per acquistare lo stesso quantitativo di prodotto. Inoltre si potrebbe trattare di una pratica commerciale scorretta, specialmente laddove l’acquirente non venga adeguatamente avvisato della diminuzione del contenuto di una determinata confezione.
D’altro canto questo comportamento commerciale è fonte di grandi guadagni per le imprese produttrici, che scaricano così sul consumatore finale gli effetti dell’inflazione delle materie prime, limitando il rischio di perdere clienti, associato ad un aumento dei prezzi ed, al contempo, mantengono il passo con la concorrenza di mercato.
Si verifica così un’inflazione occulta da cui ci si può difendere solo ponendo attenzione al prezzo del prodotto al chilogrammo e leggendo le quantità indicate sulle confezioni. Un’altra alternativa è quella di scegliere di acquistare prodotti sfusi, in generale anche più convenienti, soprattutto se si tratta di generi alimentari. Anche se difficilmente qualcuno di noi si metterà a pesare la tavoletta di cioccolato o a contare le patatine contenute in un sacchetto.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro