Nei prossimi anni, il sistema alimentare globale dovrà affrontare sfide senza precedenti, andando incontro ai bisogni nutrizionali di una popolazione in aumento, con un occhio di riguardo alla salute umana. Tutto questo nell’ambito di enormi sfide ambientali (esaurimento delle materie prime, cambiamenti climatici, sfruttamento dell’acqua) insieme alla necessità di potenziare l’agricoltura.
Ma quale sarà il cibo del futuro? Antipasto di cavallette, zuppa d’alghe e hamburger di fibre vegetali alla griglia?
Anche se buona parte di noi rabbrividirà di fronte a questa idea, più di un esperto ipotizza che questo scenario non tarderà poi così tanto ad avverarsi.
E’ un dato di fatto che, già in questi ultimi anni, le abitudini alimentari di buona parte della popolazione italiana e, più in generale, di quella occidentale, si sono radicalmente modificate. Basti pensare ai cibi che eravamo soliti consumare anche solo negli anni ’70 e ’80, agli alimenti in scatola e ai surgelati, negli ultimi anni accantonati a favore di diete basate su prodotti freschi e preparati in casa. Nel corso della pandemia, gli scaffali vuoti di farine, uova e lievito sono stati la più immediata testimonianza del fatto che molti italiani hanno trovato o ritrovato la propria profonda vocazione per la cucina, che non sembrano aver ancora perso nel corso di questa lenta ripresa estiva.
L’attenzione negli ultimi decenni si è inoltre fissata sulla provenienza dei prodotti alimentari, sulla loro genuinità e, in qualche caso, ha riguardato una sensibilità sempre maggiore per l’allevamento degli animali e il loro utilizzo a scopo nutritivo. Molte persone hanno abbandonato il consumo di carne influenzati sia da una cultura sempre più orientata alla protezione e alla valorizzazione degli animali da compagnia, sia da studi scientifici che hanno lanciato l’allarme sulle possibili conseguenze negative per l’inquinamento planetario causato dagli allevamenti intensivi di bestiame. La domanda di cibi a base vegetale è a dir poco esplosa negli ultimi anni: tanto per avere un’idea nei soli Stati Uniti le vendite al dettaglio sono cresciute del 29% tra il 2018 e il 2019, fino a raggiungere la cifra record di 5 miliardi di dollari. Ha partecipato a questa crescita anche il gruppo californiano Beyond Meat, quotato in borsa, specializzato nella produzione di burger, salsicce e altri prodotti a base vegetale. Si tratta in ogni caso di un settore ancora suscettibile di una forte espansione che traina con sé anche tutto l’indotto che si occupa di ingredienti vegetali, fragranze e aromi. Questi ultimi sono indispensabili, perché anche il consumatore vegetariano o vegano ricerca colori, sapori e odori simili a quelli degli alimenti di origine animale.
Inoltre molti altri sono i segmenti di attività che questi cambiamenti nelle abitudini alimentari potenziano e rendono interessanti dal punto di vista della crescita futura degli investimenti. Tra questi possiamo citare i settori che si occupano della sicurezza alimentare e del controllo qualità dei cibi, i settori che si occupano di tecnologie di lavorazione e logistica, quelli che producono packaging sostenibile, ma anche aziende che si occupano di migliorare lo sfruttamento delle risorse idriche in agricoltura e di migliorare le tecniche alla base di quest’ultima per salvaguardare l’ambiente e garantire al tempo stesso una produzione alimentare sufficiente per la popolazione mondiale.
Per concludere, quest’ambito consente investimenti sia su singoli titoli azionari, come Beyond Meat o Givaudan – società svizzera specializzata nella produzione di aromi – che, sempre compatibilmente con la propria propensione al rischio, su ETF tematici e fondi comuni come BNP Paribas Funds Smart Food Classic Capitalisation e Cpr Invest Food For Generations, che danno accesso a questo trend, senza dover subire la medesima volatilità legata all’andamento in borsa di una singola realtà societaria.
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Federica Coscia, Paolo Gambaro