Da alcune settimane sempre più spesso ci viene posta la domanda se sia in arrivo una patrimoniale o addirittura un prelievo forzoso sui conti correnti, dato l’aumento vertiginoso del debito pubblico a causa della pandemia.
Innanzi tutto vediamone le principali differenze.
L’imposta patrimoniale è un tributo che non grava sul reddito di un cittadino ma sul suo patrimonio, sia esso costituito da beni immobili e/o da beni mobili (es.: patrimonio finanziario) e/o può colpirne anche soltanto una componente specifica.
Il prelievo forzoso è cosa diversa, in quanto si tratta denaro prelevato direttamente dai conti correnti dei cittadini diretto a generare una disponibilità immediata per lo Stato.
L’ultimo prelievo forzoso in Italia avvenne poco meno di 30 anni fa, nel 1992.
Nel mese di Agosto del tormentato anno di Tangentopoli, le Agenzie internazionali di Rating declassarono la Lira italiana. A settembre iniziò quindi un violento attacco alla nostra valuta che, per essere difesa, venne svalutata del 30% dal Governo Amato, attraverso una manovra durissima che ebbe costi economici e sociali enormi. Ma nei giorni immediatamente precedenti a quella decisione politica i “soliti noti” riuscirono a trasferire qualcosa come 30mila miliardi delle vecchie lire in valuta estera con una plusvalenza del 30% in due settimane, il tutto completamente esentasse. Fra questi noti finanzieri senza scrupoli si annovera lo “Squalo” George Soros, che – sfruttando la situazione contingente – fece una colossale speculazione a danno della Lira, guadagnando cifre ingentissime ed anche la laurea honoris causa dall’università di Bologna qualche anno più tardi. Per limitare gli effetti sul bilancio dello Stato di questa manovra sulla Lira, solo due mesi prima il Governo in carica decise, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, di applicare per Decreto Legge (quindi con effetto immediato) un prelievo forzoso del 6 per mille sulle giacenze liquide dei conti correnti degli italiani e una patrimoniale sulla casa detta Imposta Straordinaria sugli Immobili (ISI, che poi si sarebbe trasformata nell’ICI – imposta comunale sugli immobili – l’attuale IMU).
In brevissimo tempo vennero raccolti pressappoco 11.500 miliardi di lire, circa 5,9 miliardi di euro.
In questo modo il Governo, pur riconoscendo che si trattava di un grande sacrificio per il popolo italiano, lo giustificò con la messa “in sicurezza” dei conti pubblici e con la necessità di completare la successiva manovra finanziaria di 30.000 miliardi di Lire e di tranquillizzare i mercati internazionali sulla solidità dell’Italia.
Cosa potrebbe succedere oggi? Un tale scenario si potrebbe ripetere?
Oggi ci sono circa 1.700 miliardi di Euro in giacenza sui conti. Se lo Stato applicasse il 6 per mille alle disponibilità liquide sui conti, si raccoglierebbero 8 miliardi e 400 milioni di euro. Difficile pensare che venga effettuata un’operazione simile, tanto dolorosa quanto impopolare, in un momento già di per sé così difficile da gestire sul piano politico e sociale come quello attualmente in corso. La somma che si potrebbe incassare risulterebbe esigua rispetto ai possibili benefici e alle reazioni che potrebbe suscitare sul piano sociale, anche solo in termini di perdita di base elettorale, per i partiti coinvolti in una simile operazione.
Più facile che vengano aumentate le percentuali su alcune imposte patrimoniali già esistenti, come il 2 per mille sui depositi. Per la prima volta il governo Monti aveva introdotto un’aliquota dello 0,1%, successivamente aumentata allo 0,2%. Si potrebbe facilmente ipotizzare un ulteriore aumento fino allo 0,3 o 0,4%? Oppure l’introduzione di un’altra patrimoniale che colpisca altre componenti del patrimonio? La risposta potrebbe essere contenuta in uno dei prossimi provvedimenti del Governo Draghi. Restiamo in attesa di vedere gli sviluppi futuri.
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