Il recente referendum italiano e le considerazioni in merito del Consulente Finanziario.
La decisione dell’elettorato italiano di votare “No” al referendum sulla riforma costituzionale ha numerose implicazioni.
A breve, i rendimenti sui titoli di Stato italiani registreranno verosimilmente un’impennata, mentre gli spread rispetto alle altre principali obbligazioni europee continueranno ad ampliarsi. La volatilità aumenterà, non soltanto in Italia ma in tutta Europa. Ancora più avanti, è anche possibile che l’Italia sia declassata dalle agenzie di rating, accelerando l’incremento dei suoi costi di finanziamento.
L’aspetto più preoccupante è che la vittoria del “No” potrebbe esercitare un’influenza nefasta sul sofferente settore bancario italiano, in cui banche come UniCredit, Banca Popolare e, in particolare, Monte dei Paschi di Siena hanno subito un’intensa pressione dall’inizio dell’anno a causa dei loro crediti deteriorati.
È tuttavia importante ricordare che il referendum non riguardava la permanenza dell’Italia nell’Unione Europea, sebbene fosse stato più volte interpretato in questo modo. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha cercato di velocizzare il processo politico limitando il potere del Senato e facendo in modo che la Camera diventasse l’organo legislativo principale. La sua iniziativa ha ricevuto un sostegno sia interno che esterno dai politici italiani e da organizzazioni internazionali come l’OCSE. In un rapporto del 2015, quest’ultima ha infatti osservato che “Le riforme istituzionali [in Italia] possono essere la base per garantire un’elaborazione più efficiente delle leggi ed evitare i ritardi di attuazione.”
Gli oppositori, al contempo, hanno sostenuto che tali riforme avrebbero eliminato importanti controlli ed equilibri ed alla fine questa posizione ha prevalso. Giusto o sbagliato, il mercato considererà questa reazione come un altro esempio della crescente tendenza anti-establishment.
Cosa succederà dunque?
La dimissioni di Matteo Renzi potrebbero significare elezioni anticipate, anche se le prossime non avranno luogo fino al 2018. E’ più probabile che ci sarà un periodo transitorio durante il quale il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nominerà un governo ad interim “tecnocratico” o guidato da un altro leader all’interno del PD.
Dal punto di vista dei mercati, il “No” ridurrà la fiducia nella ripresa dell’economia italiana e aumenterà anche l’incertezza derivante dal crescente euro-scetticismo nell’intera eurozona. Sarà comunque un risultato negativo per i titoli di Stato italiani e per le attività rischiose in Europa.
Come abbiamo osservato dopo le elezioni statunitensi e il voto sulla Brexit, tuttavia, i mercati potrebbero scontare totalmente questi sviluppi prima del previsto e raggiungere livelli di ipervenduto. Gli investitori dovrebbero pertanto pazientare e possibilmente sfruttare eventuali correzioni sostanziali per acquistare attività a prezzi allettanti.
Più in generale, l’Europa fatica a risolvere il problema di una crescita economica stagnante, le questioni di politica estera e la crisi dei migranti, ma continuiamo a confidare nel fatto che col tempo ci riuscirà. Il nostro scenario di base è infatti che l’Europa continuerà a riprendersi, sebbene molto lentamente.
Quando Giulio Cesare attraversò il Rubicone con il suo esercito nel 49 a.C., pronunciò la famosa frase “Alea iacta est” – il dado è tratto. Questo non vale per l’Italia di oggi, che può ancora tracciare il suo futuro, ma deve agire rapidamente e con fermezza.